FAENZA - CODICE: TRDFA

Rispuose adunque: "I' son frate Alberigo;

i' son quel da le frutta del mal orto,

che qui riprendo dattero per figo".

"Oh!" diss' io lui, "or se' tu ancor morto?".

Ed elli a me: "Come 'l mio corpo stea

nel mondo su, nulla scienza porto. (...)"

(If., canto XXXIII)

 

Le città di Lamone e di Santerno

conduce il lioncel dal nido bianco,

che muta parte da la state al verno.

(If., canto XXVII)

 

Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?

quando in Faenza un Bernardin di Fosco,

verga gentil di picciola gramigna?

(Pg., Canto XIV)

 

E’ una splendida città d'arte di origine romana la cui fama incomincia a brillare sin dal medioevo per la produzione di oggetti in ceramica di squisita fattura, esportati in molti Paesi europei. Il toponimo stesso è diventato sinonimo di ceramica (maiolica) in molte lingue, tra cui il francese (faïance) e l'inglese (faience). Dopo un periodo di decadenza che dal II secolo si protrasse fino al primo Medioevo, Faenza ritrovò la prosperità a partire dall'VIII secolo. Intorno al Mille, con il governo dei Vescovi, e successivamente nell'età comunale, visse un lungo momento di ricchezza ed espansione edilizia che avrebbe raggiunto il suo culmine con la Signoria dei Manfredi. Dopo un breve dominio veneziano, Faenza entrò a far parte dello Stato della Chiesa fino al 1859.

 

Faenza e Dante

Dante conosce Faenza e anche il suo volgare che descrive, distinguendolo da quello ravennate, nel De Vulgari Eloquentia. Ha di certo visitato la città durante il suo peregrinare in Romagna. Non mancano i personaggi faentini nella Divina Commedia: per esempio Alberigo Manfredi, dell'ordine laico dei frati godenti, era un personaggio molto conosciuto a Faenza nell'ultimo scorcio del XIII secolo. Un suo gesto scellerato (fece uccidere a tradimento due parenti per un'offesa ricevuta) lo rese famoso ben oltre le mura cittadine, tanto che Dante, quando descrisse questo episodio, non sentì nemmeno il bisogno di entrare nei particolari. Dante colloca Alberigo nel profondo della voragine infernale: il fiume ghiacciato Cocito, riservato ai traditori. Non è questo l'unico personaggio faentino, nell'Inferno dantesco c'è anche il ghibellino Tebaldello de' Zambrasi (che nel 1280 spalancò le porte della città ai guelfi bolognesi, tradendo la propria parte e provocando una sanguinosa battaglia), mentre l'intrepido e feroce condottiero Maghinardo Pagani da Susinana (nel 1300 signore di Faenza, Forlì e Imola) viene citato e biasimato per il suo opportunismo politico. La seconda metà del '200 fu del resto un periodo difficilissimo per tutta la Romagna, agitata da lotte feroci tra potenti famiglie guelfe e ghibelline. Faenza, in cui si alternavano le fortune dei Manfredi e dei Pagani, non faceva eccezione.

 

Monumenti

Il centro cittadino, di prevalente aspetto sei-settecentesco con bei palazzi e chiese, è addensato intorno alle due piazze contigue, del Popolo e della Libertà: la prima, delimitata da due ali porticate su cui si affacciano il Palazzo del Podestà e il Palazzo Municipale, già dimora dei Manfredi; la seconda con il Duomo di fine quattrocento che custodisce numerose opere d’arte del periodo rinascimentale e la Fontana monumentale, i cui bronzi risalgono al XVII secolo.

 

Il Museo Internazionale della Ceramica

È tra i più importanti musei d'arte ceramica del mondo. Nelle sale espositive sono raccolte le opere delle officine di ceramica italiana dal Medioevo all'Ottocento; del Vicino Oriente Antico; di area mediterranea in epoca ellenistica; di manufatti precolombiani e islamici. Un'ampia sezione è dedicata alla ceramica moderna e contemporanea.

 

In città si possono trovare ben oltre sessanta botteghe ceramiche dove artigiani e artisti producono oggetti a marchio certificato, in forme e decori che spaziano dalle riproduzioni storiche alle sperimentazioni artistiche.